Vitiligine: in arrivo nuovi farmaci

Prof. Giovanni Leone

Si parlerà anche di vitiligine al prossimo congresso Dermocosm 2024, con un focus in particolare sulle nuove cure al vaglio dei ricercatori. Affronterà l’argomento il professor Giovanni Leone, coordinatore scientifico del Centro di Fotodermatologia e Cura della Vitiligine dell’Ospedale Israelitico di Roma.

«La vitiligine è una dermatosi di origine autoimmune, come la psoriasi, che colpisce tra l’1% e il 5% della popolazione, soprattutto tra i 20 e i 40 anni. È dovuta alla presenza di anticorpi e cellule del sistema immunitario cutaneo che attaccano e distruggono i melanociti dello strato basale dell’epidermide, responsabili della produzione di melanina» spiega il dermatologo.

«Si formano così delle aree cutanee depigmentate, con macchie senza pigmentazione melanica, che compaiono in diverse parti del corpo: volto, collo, torace, addome, inguine, schiena, mani, gomiti, ginocchia e piedi. In molti casi le macchie non sono stabili ma possono espandersi con il passare del tempo.

Vitiligine, le cure tradizionali: prodotti topici e fototerapia

Attualmente la vitiligine si cura con la cosiddetta terapia sequenziale: farmaci topici, cioè̀creme a base di corticosteroidi e di immunomodulatori locali, seguiti o associati a un ciclo di fototerapia. Le creme, che vanno applicate due volte al giorno sulle aree prive di melanina per almeno 6-12 mesi, sfruttano il potere antinfiammatorio del cortisone e dei suoi derivati, oltre a quello immunomodulante di alcune molecole, nella fattispecie gli inibitori della calcineurina, quali il tacrolimus e il pimecrolimus, che però hanno come indicazione il trattamento della dermatite atopica, non specificatamente della vitiligine.

Dopo un periodo di cure farmacologiche si passa a un ciclo di fototerapia con UVB a banda stretta, che dev’essere programmato in un centro ospedaliero o universitario: si espone la pelle, per un tempo massimo di due minuti, alla luce di questi ultravioletti selezionati che hanno il compito di riattivare i melanociti quiescenti, per stimolarli a fare il loro dovere. La fototerapia possiede anche un effetto di “immunomodulazione” contribuendo a ridurre la componente di aggressione da parte del sistema immunitario».

Attualmente la fototerapia UVB a banda stretta è ancora considerata come il “gold standard” terapeutico per la vitiligine, ovvero la terapia di prima scelta. I risultati, in termini di ripigmentazione delle lesioni, sono intorno al 60% ma la risposta è molto variabile da persona a persona: nei casi più̀ fortunati il 90% della pelle riacquista un colorito uniforme, in altri solo il 30%. Inoltre, la fototerapia, peraltro molto efficace, è molto impegnativa per i pazienti, perché́ richiede sedute ravvicinate (due-tre volte alla settimana) per cicli di 6-8 mesi. Lo stimolo biologico offerto dalla luce ultravioletta dev’essere, infatti, continuo.

Vitiligine, nuovi farmaci in arrivo

E poiché la ricerca non si ferma mai, è stata recentemente approvata dalla FDA statunitense una nuova classe di farmaci, indicata specificatamente per il trattamento della vitiligine, che agisce secondo un meccanismo diverso dai corticosteroidi e dagli immunomodulatori.
«Si tratta dei cosiddetti JAK inibitori (abbreviativo di janus chinasi inibitori) che interrompono la catena di reazioni infiammatorie e immunitarie che porta alla distruzione dei melanociti.

Per entrare nel merito, in caso di vitiligine i linfociti (cellule specializzate del sistema immunitario) producono gamma- interferone che si lega al recettore janus chinasi, JAK, presente sui cheratinociti epidermici. Questo comporta la secrezione di altri mediatori dell’infiammazione che conducono alla morte dei melanociti. Bloccando questa via di trasmissione, si interrompe la cascata infiammatoria e si mettono in salvo le cellule produttrici di melanina, contribuendo alla cura della vitiligine» chiarisce il professor Leone.

Negli ultimi anni sono stati condotti più studi sulla patogenesi della vitiligine e si è visto che queste vie di segnalazione del sistema immunitario hanno un ruolo importante nella malattia: oltre alla via che coinvolge le JAK, ne è stata individuata un’altra che coinvolge l’interleuchina 15, abbreviata in Il-15. Bloccando queste vie di segnalazione si riduce l’aggressione del sistema immunitario nei confronti dei melanociti.

Le cure disponibili attualmente non sono molte. È oggi disponibile un farmaco promettente, un JAK inibitore in crema, che dal 29 Maggio 2024 risulta prescrivibile con il SSN e dovrebbe essere disponibile nelle farmacie italiane, il Ruxolitinib. La crema, applicata quotidianamente sulle lesioni, ha dimostrato di riuscire a indurre la ripigmentazione delle macchie in un numero significativo di pazienti. Sono anche allo studio degli anticorpi monoclonali che bloccherebbero l’interleuchina 15.

«Anche altre molecole per via sistemica sono oggetto di sperimentazione e si spera che possano presto segnare una svolta nel trattamento della vitiligine: per esempio, attualmente sono oggetto di sperimentazione farmaci JAK inibitori da assumere per via orale, come il Ritlecitinib, il cui uso sarà di riservare alle forme più gravi e diffuse.
In ultimo va segnalato l’approccio molto utile rappresentato dalla somministrazione di antiossidanti orali per contrastare lo stress ossidativo. Pur non trattandosi di farmaci in senso stretto, questi composti, privi di rischi ed effetti collaterali, sono utili per bloccare la malattia e vengono spesso associati con ottimi risultati alla fototerapia: uno degli ultimi e più efficaci ritrovati è il G-SOD (superossido dismutasi) potente enzima antiossidante» conclude l’esperto.

Insomma per chi soffre di vitiligine curarsi non è facile. È un processo lungo e faticoso, dall’esito non scontato. Pochissimi, poi, i centri specializzati. E spesso i pazienti si sentono abbandonati.

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