Covid-19 e invecchiamento cutaneo: esiste una relazione?

Le manifestazioni cutanee legate al Covid-19 , raramente segnalate nei primi report asiatici, sono un fenomeno ormai noto, grazie al crescente coinvolgimento dei dermatologi nella gestione dei pazienti affetti. Gli studi effettuati fino a questo momento hanno dimostrato che fino al 20% dei malati possono manifestare segni cutanei, sommariamente suddividivisi in due categorie.

La prima raggruppa i sintomi simili, per aspetto, all’orticaria (lesioni orticarioidi) e la seconda quelli dovuti all’infiammazione dei vasi sanguigni (lesioni vasculitiche). Tuttavia vi è un altro aspetto che è emerso con sempre maggiore evidenza: il legame tra infezione da SARS-CoV-2 ed invecchiamento della pelle e degli annessi cutanei. Parlerà di questo aspetto la dottoressa Lucia Brambilla, dermatologa ISPLAD e relatrice al Congresso DERMOCOSM.

Il virus del Covid-19 agisce sul DNA

Un lavoro risalente a giugno 2020, basato sulle osservazioni effettuate su se stessi da medici colpiti dall’infezione e sui primi pazienti ha fatto emergere una correlazione inequivocabile tra l’insorgenza della malattia e un’accelerazione dell’aging cutaneo. Ma perché ciò accade?

«Uno studio recente di Victor e collaboratori, comparso su una prestigiosa rivista di biochimica e biofisica, ha dimostrato come l’infezione da SARS-CoV-2 provochi un accorciamento dei telomeri nelle cellule infettate, se paragonate alle cellule di controllo, cioè non infettate» spiega la dottoressa Brambilla. «Si è visto che la proteina chiave del telomero, la TRF2, viene soppressa nel COVID-19 e questo si traduce in un danno per il DNA. In altri termini, il danno dei telomeri indotto dal virus è simile a quanto avviene nell’invecchiamento fisiologico, legato al passare del tempo».

Altre ricerche studi hanno evidenziato come il virus induca senescenza cellulare e quindi danni al DNA. Un recente studio internazionale ha puntato a confrontare l’entità della metilazione del DNA e la lunghezza dei telomeri nei pazienti con COVID-19 e negli individui sani e determinare l’eventuale cambiamento.

Per fare questo sono stati inclusi campioni di sangue di 407 pazienti COVID-19 e di 232 individui sani. Ebbene, si è visto come l’invecchiamento epigenetico accelerato è associato al rischio di infezione da SARS-CoV-2 e allo sviluppo di una forma grave di COVID-19. E, viceversa, l’accumulo di invecchiamento epigenetico dovuto al COVID-19 può contribuire alla sindrome post-COVID-19.

I segni dell’invecchiamento su pelle e unghie

Nell’esperienza su citata, sono stati descritti diversi fenomeni di invecchiamento cutaneo: la comparsa ex novo di lentiggini ed ipercromie sul dorso delle mani un mese dopo l’insorgenza del COVID-19, la recrudescenza di cheratosi attiniche e lentiggini solari sullo scalpo precedentemente trattato e perfettamente “pulito” prima dell’infezione, la pelle del volto visibilmente più segnata, xerosi molto accentuata con desquamazione post COVID-19. Anche sulle unghie sono state osservate diverse alterazioni: linee di Beau e di Mees, approfondimento della tasca ungueale, invecchiamento della matrice e delle cuticole.

Effluvium e alopecia: manifestazioni frequenti

Anche i capelli mostrano segni di invecchiamento post COVID: telogen effluvium, alopecia areata, alopecia androgenetica e tricodionia sono conseguenze frequenti. Il telogen effluvium può essere precoce (4 settimane dopo l’insorgenza del virus) o tardivo (12 settimane dopo), mentre la risoluzione spontanea avviene circa dopo 6 mesi.

Perché si verifica? Stress, farmaci o tiroidite che spesso si associa al virus? Le cause possono essere varie: lo stress è sicuramente una componente, ma sono da considerare ulteriori fenomeni. In alcuni studi i fattori patogenici presi in considerazione sono le citochine proinfiammatorie, l’effetto virale diretto sui follicoli piliferi e i microtrombi. Le informazioni riguardanti il ​​tempo di insorgenza e la gravità sono simili a quelle di altri effluvi telogen acuti indotti da altre infezioni.

Si ipotizza  che altre cause implicate  sia una neuroinfiammazione (di qui il dolore al cuoio capelluto riscontrato da alcuni pazienti) e una ridotta vascolarizzazione del follicolo pilifero, che porta anche a un assottigliamento dello spessore dei capelli.